Il profumo del latte caldo che m’investe appena si aprono le porte del laboratorio esercita su di me un fascino straordinario. Ho visto tante volte questo posto in tv e sui social, non mi sembra vero di esserci!
Sono nel pluri premiato Caseificio Di Nucci, ad Agnone (Is) borgo montano dall’antica tradizione casearia, circondato da boschi e praterie, tra i monti dell’Appennino centro meridionale, nell’Alto Molise.
E’ in questo lembo d’Italia, un tempo terra di transumanza tra Abruzzo e Puglia, che nella seconda metà del 1600 ha inizio la tradizione casearia della famiglia Di Nucci (originaria di Capracotta) che va avanti da undici generazioni, con un’attività a gestione familiare.
Antonia ci accoglie e ci guiderà nella visita, che inizia dopo aver indossato calzari e copricapo.
Tutto comincia dal latte esclusivamente locale, la cui raccolta inizia ogni giorno all’alba. I fornitori di latte del caseificio Di Nucci sono tutti allevatori per cui il benessere e la cura delle mucche pezzate rosse e brune che pascolano libere, ha importanza primaria (tanto quanto la giusta retribuzione prevista). E non potrebbe essere altrimenti, considerando anche che la produzione del caseificio (esclusivamente pasta filata) è tutta a latte crudo, che deve necessariamente dare maggiore sicurezza e qualità organolettiche.
L’unica aggiunta che viene fatta al latte, oltre ovviamente al caglio (di vitello) è il siero innesto, in autoriproduzione secondo la ricetta di famiglia che caratterizza tutti i prodotti, con una sorta di marchio invisibile gustativo e olfattivo.
Il prodotto di punta è sicuramente il Caciocavallo di Agnone P.A.T. e Presidio Slow food, anche in versioni aromatizzate, ma anche la stracciata e il caciosalame sono più che notevoli. E poi ricotta, sofficissima anche la sera come appena fatta, manteca (pasta filata che racchiude burro), trecce, bocconcini e tanto altro.
Per motivi di tutela della tecnica produttiva, non è stato possibile fare foto delle fasi della lavorazione che è quasi totalmente manuale, e inizia dopo la rottura della cagliata, poi “cotta” in acqua a 90° in grandi tinozze di legno, dando cosi inizio alla filatura della pasta.
Osservo ammaliata la trasformazione del latte in una pasta malleabile e tenace allo stesso tempo e la formatura delle strisce per la stracciata o la “pera“ per il caciocavallo.
Dopo la formatura i caciocavalli vengono posti in salamoia, quindi sono sottoposti a stagionatura da un minimo di due mesi a un anno, in una cantina ricostruita in pietra locale, a temperatura e umidità controllati, cosi da favorire lo sviluppo di muffe nobili. Maggiore sarà la sosta in cantina, più complesso sarà il bouquet aromatico e olfattivo lasciato dalle muffe, che una volta eliminate lasceranno un caciocavallo aromatico e completamente edibile, senza scorza. Entrare in questa cantina, che è un vero e proprio caveau, respirare il profumo dei caci misto a quello delle muffe è indescrivibile, ma anche vedere le varie fasi della stagionatura che per alcuni caci (che hanno il biglietto col nome del cliente che li ha ordinati) è spinta anche oltre i due anni!
Per la “Stracciata” (anche questa una P.A.T.) una delizia dalla struttura fibrosa ma morbida, dal colore avorio e sentori di latte e cagliata freschi, vengono tirate delle strisce di pasta, stracciate e ricomposte in una sorta di filoncino, o anche di bocconcini, da gustare freschissimi. Ma il prodotto che mi ha maggiormente incuriosito (considerato che amo formaggi e salumi), una volta visto in tv, e che mi ha fortemente motivato a conoscere dal vivo il Caseificio Di Nucci, è il Caciosalame, che racconta l’epoca dell’emigrazione dal Molise (comune un po’ a tutto il sud Italia) verso l’America, dagli anni ‘40, dei lunghi viaggi in nave, probabilmente con le valigie di cartone tenute chiuse con le corde, della nostalgia dei sapori di casa e della terra lontana.
Come il caciocavallo e le paste filate fresche, anche il cacio salame ha dei simili un po’ in tutto il sud, ma qui da Di Nucci, nel museo storico del caseificio, è conservata la lettera originale in cui un emigrato ringrazia suo fratello per aver inviato il caciocavallo, che una volta aperto rivela una sorpresa: l’involucro di formaggio nascondeva una soppressata!
Chi scriveva la lettera chiedeva a suo fratello di ringraziare l’inventore di quel modo di inviare la soppressata (va ricordato che all’epoca era proibito inviare salumi in America). L’artefice di questo trucchetto è Antonio di Nucci (nonno di Antonia e che insieme a sua sorella Serena, suo fratello Francesco e suo padre Franco sono attualmente alla guida del caseificio), di cui è visibile anche una foto dell’epoca.
Nel museo storico, è possibile ammirare anche la foto dei fondatori del caseificio ad Agnone, le attrezzature d’epoca, i contenitori in ferro e rame con cui veniva fatta la lavorazione alle origini di questa tradizione, ed altre testimonianze del tempo di transumanza, oltre a preziosi volumi storici.
Ringrazio per la disponibilità e l’accoglienza il Caseificio Di Nucci e la mia amica/local guide Tiziana Pannunzio.
qui tutte le foto della visita al caseificio.